Quando ho vissuto ciò che ieri ho descritto brevemente non era un momento (anno 1979) di particolare vicinanza all’insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica. Sono nato Credendo nel Dio Trinitario, mio malgrado, e morirò come sono nato. Nella vita ho solo seguito e seguirò con volontà questo dono innato, questa certezza di essere umilmente e con ferma sicurezza “figlio adottivo del Trinitario”, convinzione che ogni attimo della vita che vivo si afferma sempre di più perché osservo, ovvero cerco di conoscere ciò che accade con libertà e mi meraviglio ed entusiasmo profondamente anche quando non ne ho la forza. Dalle parole esposte si comprende facilmente che le immagini avute nella mente e davanti gli occhi non erano valutabili ed eseguibili operativamente con una minima precisione teologica secondo la dottrina della Chiesa Cattolica. Non mi era possibile predisporre un “Luogo di Culto”, una Chiesa, atta a essere la Dimora teologicamente consona per la Celebrazione dell’Unico rito Romano nei suoi due Usi, semplicemente per ignoranza, non avendo nozioni in merito per mancanza di studio specifico.

Vi era comunque, come anche oggi, un grande entusiasmo nel cercare, nel conoscere per come è possibile con i mezzi finiti, con i piedi nell’Immanente, il Trascendente, l’Infinito, l’Eterno.

Il luogo immaginato era per un’ecclesia ossia: (gr. εκκλησία). – Adunanza popolare la cui più antica origine si ritrova nelle ἀγοραί dell’età omerica.

Adunati dal volere della propria origine ovvero dal nostro Dio Trinitario, fuori e poi dentro:

 La Montagna con la Porta (e poi con tre porte)

Ebbi questa “immagine” e mi avvicinai ad essa con ardore nell’estate del 1979 mentre ero in viaggio tra le montagne e la pianura.

Fu un’immagine chiara (ma) e di facile comprensione; desideravo comunque eseguire dei disegni e un modello per comunicare il “forte” momento conoscitivo che in quel momento vivevo e che poi mi aprì la porta.

Il desiderio era soprattutto alimentato dal senso di gratitudine che avevo e ho per chi mi permetteva e ancor oggi mi permette di avere nella mente tal immagini con entusiasmo e che con esso cerco di comunicare (entusiasmo e immagini) a chi incontro. 

L’immagine era e la posso definire come un luogo votivo, di adorazione  e preghiera, con linee e volumi simile a una montagna con incastonata una porta che ne permetteva l’ingresso al suo interno.

La disposizione planimetrica la ebbi subito chiara, ma non riuscivo a concludere l’armonia tra la serie di due ordini con ritmo costruttivo di diversa origine che delimitavo l’area, ma non si concludevano in uno spazio.

Non vi riuscivo perché  utilizzavo un materiale (fogli di betulla) nel comporre il manufatto che avevano all’origine due delle tre dimensioni spaziali preponderanti.

Poi, dopo molti tentativi avvenne che una mia carissima amica, Marta, trovò per strada un blocco di plastilina avvolto ancora nel cellophane della confezione e me (3) lo regalò, portandomelo a casa.

Quando lo vidi, lo presi come un suggerimento e iniziai i giorni successivi a modellarlo sulla planimetria redatta  a china su un foglio di carta “extra strong” con un taglierino affilatissimo.

Riuscii a capire dopo vari tentativi che se utilizzavo un andamento curvilineo (archi di circonferenza, poi concentrici) della modellazione tridimensionale in atto per “chiudere” in armonia i due ritmi costruttivi nella verticale riuscivo a creare uno spazio ove l’uomo trova la sua individuale proporzione con gli altri (con chi incontri) di fronte all’origine (questo era l’intento allora non conscio).

Ne venne fuori da questo percorso un volume con uno spazio a cui è possibile accedere da tre vie e da tre porte.

Quella di origine ovvero quella della prima immagine avuta è la porta da cui accede il “responsabile” dello spazio ovvero colui che è incaricato dell’armonia all’interno di tale spazio (il Celebrante).

Entrando da questo percorso si arriva nel luogo, posto con sguardo guidato, affettuosamente diretto, da una serie di archi sorretti da superfici che fungono da steli verso l’altare.

La seconda porta è situata vicino a dove tale spazio si “conclude e inizia” ovvero nel prospetto principale che in questo caso è anche ambito completo di “altare” ove opera il Celebrante, e ha un percorso più complesso che obbliga a percorrere una scala con gradini che nella fatica “armonicamente abbracciano” chi li percorre per entrare.

La terza porta, situata anch’essa vicino “a dove” lo spazio costruito si “conclude e inizia”, è praticabile da un percorso completamente in piano che conduce a una porzione in piano all’interno del luogo interposta tra il luogo del celebrante con altare e il luogo con sedute e inginocchiatoi per i partecipanti.

All’interno questo spazio, che esternamente è assimilabile a un profilo montuoso, ha due “rilievi montuosi” con interposta “vallata”.

Tutto lo spazio nato è incastonato (riferito) a terra dal primo “rilievo”, quello ove è situato l’altare e che è contenuto da una lama che entra nel luogo dall’“infinito” e lo proporziona e l’altare è alla sua base ove il rilievo è determinato da una serie di gradini come isometriche  (Golgota -Cranio).

Cinge in modo separato la “prima altura” una seconda, “pianeggiante” alla quale si accede, tramite la seconda porta, composta dal “rilievo pianeggiante” come il Pretorio, completato da una successione di rilievi degradanti verso il luogo in piano interposto tra le due ove possono trovare posto le sedute di alcuni partecipanti.

Tra le due “alture” nel luogo immaginato vi è una porzione orizzontale “pianeggiante” (valle) a cui si accede dalla terza porta e dai gradini del “rilievo”, il Pretorio, che termina anch’essa orizzontalmente,  in modo “pianeggiante”.

Tutti questi “rilievi” sono orientati e portano al “rilievo” principale, quello ove è situato l’altare.

L’immagine (avuta) di cui desideravo e desidero la realizzazione, con le dovute ponderazioni, è quindi un rilievo con possibilità di ingresso al suo interno (grotta) tramite tre porte, ovvero tre modalità per prendere posto nei “rilievi interni” con il fine di partecipare alla vita di questo spazio, “montuoso” internamente ed esternamente.

Il piccolo rilevo del Martirio, delimitato dai suoi rilievi inferiori, visibile da chi “guarda” dall’altura del “Pretorio” da dove orientato verso il luogo del Martirio può congiungersi nell’orizzonte “pianeggiante” alle pendici delle alture ove è (stazione) chi ha più difficoltà nella vita, e a cui viene predisposto un ingresso nel luogo tramite una porta senza gradini o ulteriori fatiche.

Chi ha buona volontà può scendere dall’altura del “Pretorio”, percorrere l’orizzonte alle pendici del rilievo del Martirio e qui mentre è orientato verso “Chi è” nell’altura del Martirio incontrare, conoscere ed essere educato da chi ha più difficoltà nella vita e saggiamente le “vive” con modalità educativa per se e chi incontra.

Questo è quanto ho immaginato e mi ha aperto tramite l’uso della volontà a una via di studio e lavoro sino a oggi.

I disegni di allora sono divenuti un modello così percorribile in tutte le tipologia di rilievo, alture e pianure, e goderne le spazialità.